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Qualcuno il viaggio lo ha già nel sangue ancor prima di nascere, ha già l'attitudine all'andare, appunto, come se gli fosse stata tramandata, anzitempo, la necessità dello spostamento, costi quel che costi. Luca Mefalopulos è un nomade innato: sarà perché i suoi avi non fecero che partire, da Costantinopoli alla Libia e poi l'Italia, Atene, e ancora la Libia. Ed emigra, scappa, parte, torna. Insomma nasce a Tripoli, Luca, e ci sta poco, poi fa giri infiniti, gli scotta la terra e corre di qua e di là. Scrive, litiga, si sposa, suona, costruisce, smuove, abbatte, fa la valigia e poi padre, agente immobiliare, sognatore, venditore di qualsiasi cosa. Un Luca sempre diverso, che, in questo testo, tutto fatto da brevi racconti, proprio come erano i filmini superotto, cerca di cristallizzare quei momenti di gioia e condivisione che hanno rallegrato la nostra infanzia: gli anni di crescita in Grecia; i primi amori; il rapporto con i nonni, gli zii, i genitori, figure atipiche, divertenti, che sembrano quasi uscite da un fumetto; il rapporto profondo con il mare, la propria terra, che lo chiamerà a sé sempre e per sempre, come una culla a cui tornare e abbandonarsi. (...)